Ciao Guido

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Ti ricordi quando suonavi la chitarra in classe, al liceo? Lo abbiamo ricordato proprio tre giorni fa… E don Miori ti diceva di finirla. Non ne sono sicuro, forse minacciava pure di rompertela in testa. O quello era don Colitti? Bei ricordi. Siamo stati bene in quella classe. Però sono passati troppi anni. Sembra ieri ma sono quasi quarant’anni. Come dire, una vita. E adesso? Adesso sono qui con la mia tastiera. Il ticchettio dei tasti è l’unica cosa che “suona” in questa stanza. I cani stanno pisolando sparpagliati tra divano, sedie e poltrone. Come vorrei poter sentire ancora il suono della tua chitarra. Come la suonavi bene! Ma non la sentirò più. Almeno non dalle tue grandi mani. Saranno solo registrazioni. Te ne sei andato come fanno tanti in questo periodo. Maledetto cancro. Ha portato via anche te. Ci hai provato, come facevi a non provarci, ma non hai trovato la strada per venirne fuori. Ogni volta che passavo a trovarti, negli ultimi mesi, o a casa o in ospedale, ti vedevo sempre un po’ più… vecchio. Non stanco di lottare né di sperare, ma cosciente che le cose non andavano bene. Non come avrebbero dovuto andare. Come mi mancheranno le chiacchierate sull’aumismo, su quelle certezze che hai avuto fin quasi alla fine. Qualche dubbio, però, ti è balenato. Perché proprio io? Non dirlo a me che di dubbi ne ho quasi sempre avuti. Su tutto. E anche adesso mi chiedo: perché deve andare così? Perché ci fanno questo?

Una maledetta macchina per uccidere la gente: dai vaccini, al cibo, all’aria, ai media. Per bruciarci il fisico e la mente. Ma perché? Ma? Discorsi che non faremo più. Tu con le tue “quasi” certezze e io con i miei “certi” dubbi. Ma forse non era questo quello che volevo scrivere. Ma i pensieri volano liberamente e le dita trasformano in parole i ricordi. Che meraviglia il gruppo dei tamburini a Palmanova! Non dico gli incredibili Tambour du Bronx ma ci andavamo vicini. Quando suonavano mi davano quella sensazione fisica di “pelle d’oca” che, per me, è il segnale di una grande emozione. E i concerti per coro e orchestra? Erano più di cento ragazzi messi tutti insieme! E i colleghi con cui ti incazzavi minacciando di non fare più niente perché, a fine scuola, ti volevano negare le loro ore per le prove? E il tempo prolungato che odiavi e che, anno dopo anno, ti ritrovavi tra i piedi? E quel misterioso chitarrone che hai inventato, con quel suono così diverso dalle altre chitarre? E i valzer del bisnonno che trascrivevi arrangiandoli con tanta passione? E le Settimana Enigmistica che, puntualmente, compilavi durante i Collegi Docenti? E le foto di scorci della campagna e della laguna che mi mostravi per aver conferma della loro predisposizione per diventare uno dei tuoi quadri? Quei grandi quadri fatti con centinaia di matite colorate che lasciavi un po’ dappertutto nello studio. E la foto del Maestro? Sempre circondata dai suoi “sacri” paramenti. E il tempio in cui mi avevi portato a pregare nella vecchia casa? E i libri che mi hai dato, dopo averli tradotti in italiano con la dottrina della tua Chiesa? Che a me sembrava più o meno come tutte le altre. E tu ti seccavi e mi cercavi di dimostrare che non era vero. E quando hai tentato di insegnarmi a suonare la chitarra? Cazzo! In due ore mi avevi fatto tutti gli accordi e pretendevi che li sapessi… E la terza volta volevi passare agli arpeggi! Neanche Superman ce la poteva fare! Quante cose mi ricordo, anche se non ci siamo frequentati molto. Che dire, siamo rimasti buoni amici senza essere presenti costantemente uno nella vita dell’altro. E la delusione che hai avuto quando hai visto la mia soffitta, così ampia e spaziosa, che ti piaceva tanto, trasformata in biblioteca con pareti di libri a spaccarla in tanti angoli zeppi di tutto. “Bruciali tutti e lascia la stanza vuota” mi hai detto. E hai continuato a dirmelo fino all’ultimo. Ma che ci vuoi fare. A me piace così. E le pagine fitte fitte di “crocette” che riempivi come “mezzo di meditazione”? E Tex? Il tuo Tex. Un po’ come il mio Topolino o il mio Mandrake. E l’orto che ti piaceva e che curavi? Guido, non basterebbe un sito per ricordare tutti i momenti che abbiamo condiviso. Per fortuna ho la certezza che ne condivideremo ancora tanti. Non in questa piccola forma ma in quella più vasta. Dove le nostre molecole non sono costrette a starsene attaccate, strette strette, una all’altra ma sono libere. Libere di esistere e di intersecarsi l’una con l’altra. E sarà bellissimo. Non può che essere così. Lo dice anche un grande autore, almeno per me è grande, Richard Bach che scrive: “Non lasciarti sgomentare dagli addii. Un addio è necessario prima che ci si possa ritrovare. E il ritrovarsi dopo momenti o esistenze, è certo per coloro che sono amici”. Sai, la sento vera questa frase. Vera perché è dentro di me. La ha scritta lui ma so che è così. Ormai mi sono perso completamente. Sarà per la musica che ho acceso per spezzare il silenzio, sarà perché volevo scriverti tante cose e mi accorgo che non sono riuscito a mettere giù un solo pensiero decente. Ma tu sai cosa volevo dire, ne sono certo anche adesso e capirai questi contorti giri di parole. In fondo sono pezzettini di vita nei quali abbiamo camminato a fianco, sulla stessa strada e nella stessa direzione. E sono nostri. Nessuno ce li potrà mai portare via. Ciao Guido e, visto che ci sei arrivato prima di me, trovami un bel posticino per quando ti verrò a trovare. Ci conto!

 Alessandro

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